Una nuova indecente
prova del "giornalismo" cortigiano
Gli scontri, dati per inevitabili,
anzi, in qualche caso descritti come lo scopo surrettizio del convegno di
massa, sono stati quasi invocati come una profezia di sventura e sempre -
sempre - associati alle sigle dei soggetti sociali che 'dovevano' essere
criminalizzati, secondo un collaudatissimo schema comunicativo: No-Tav,
No-Muos, migranti in primo luogo. Poi, a manifestazione avviata, ogni
collegamento con il corteo e con la piazza, serviva a fornire ragguagli sullo
stato dell'ordine pubblico. Cronisti e croniste telecomandati, col volto
contrito, come si trovassero sul teatro di sciagure, trasmettevano solo
tensiome e preoccupazione. Del tutto incidentali e marginali le interviste ai
manifestanti che in pochi secondi provavano a dare un senso alle ragioni e ai
temi di una mobilitazione così vasta. Il clima festoso, vivo, intelligente, del
tutto pacifico di una manifestazione cui hanno preso parte decine di migliaia
di persone è stato trasformato dai media in qualcosa di totalmente diverso. Gli
incidenti, assolutamente circoscritti, ad opera di forse duecento ragazzi, sono
stati enfatizzati sino a diventare il tema dominante, se non unico, dei servizi
televisivi. Insomma, una vera e propria operazione di contraffazione
informativa, costruita a fini politici, con la cooperazione servile di un
giornalismo mercenario, privo di qualsiasi deontologia professionale. Poi, a
cose ormai fatte, di fronte all'evidenza, qualcuno - ma solo qualcuno - ha provato
a rettificare il tiro. Ha avuto ragione Ezio Foschi, capo segreteria del
sindaco di Roma, Ignazio Marino, a commentare, in presa diretta, che "I
veri Black bloc sono tutti quei giornalisti infiltrati nel corteo...delusi dal
fatto che non scorra sangue...".
Dino Greco
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