domenica 20 ottobre 2013

FARE LA SPESA SARA' SEMPRE DI PIU' UN PROBLEMA. FORZA GAP



LEGGE DI STABILITÀ, ENNESIMA STANGATA
La legge di stabilità, e cioè l'insieme dei provvedimenti finanziari destinati a regolare l'economia italiana nei prossimi tre anni, è una vera e propria presa in giro a danno della maggioranza della popolazione. E, proprio per questo, è anche un'operazione indegna, perché indegno è prendersi gioco di tante famiglie in difficoltà. Presentata con grandi squilli di trombe mediatiche come la legge che non aumenta le tasse, che aumenta i consumi e che contribuisce alla ripresa economica, è in realtà l'esatto contrario di quanto annunciato.
Aumenti ridicoli e offensivi in busta paga (una mancia), blocco del turn over e della contrattazione per i dipendenti pubblici, riduzione dell'indicizzazione delle pensioni che - dopo il blocco - era prevista l'anno prossimo (se ci sarà).

A cui si aggiunge la cosiddetta “razionalizzazione dei regimi di agevolazione fiscale”, tecnicismo verbale dove la parola razionalizzazione va letta come taglio. Il che significa che nella denuncia dei redditi le detrazioni fiscali per le spese mediche, i mutui prima casa, i premi assicurativi, le spese per scuola e università, ecc., passeranno dal 19% al 18% e poi al 17% entro il 2015. Ovviamente il taglio sarà valido a partire dai redditi del 2013, e quindi retroattivo, per essere calcolato subito con le dichiarazioni del 2014.
A cui si aggiunge l'aumento delle tasse sui risparmi bancari (Bot compresi), aumento delle tasse sulla casa e sui servizi comunali (asili nido, trasporti locali, raccolta rifiuti, ecc.). Che si aggiungono all'aumento dell'Iva già in vigore, mentre poco e niente c'è per gli esodati e per la cassa integrazione in deroga.
Ma, si dirà, non ci sono i tagli sulla sanità. A questo proposito un ringraziamento va rivolto alla ministra Lorenzin del PdL (sì, del Pdl, lo dobbiamo riconoscere) che si è opposta fermamente ai già preannunciati tagli a danno dei malati, minacciando sfracelli all'interno del governo. Niente tagli (per ora) alla sanità, unicamente per non indebolire il governo.
La reazione negativa a questo pacchetto di provvedimenti è stata così ampia, coinvolgendo sia Cgil Cisl e Uil che addirittura la Confindustria, che si è subito detto che si trattava di un testo non definitivo, suscettibile di miglioramenti. Con l'immediata precisazione che, comunque, ogni eventuale modifica dovrà essere fatta “a saldi invariati”. Per essere chiari: se ti concedo qualcosa in più da una parte, te lo tolgo da un'altra parte. “A salassi invariati”.

Eppure le risorse per affrontare la crisi ci sarebbero: patrimoniale, maggiore progressività delle imposte sul reddito, tetto massimo e stipendi e pensioni d'oro, tassazione delle grandi rendite da capitale (lo fanno persino gli svizzeri!), rinuncia agli F35 e al Tav in val di Susa. Tanto per cominciare. Ma il duo vetero democristiano Letta Alfano non lo sa, o fa finta di non saperlo, o comunque non lo vuole fare. Ciò che conta è il rapporto di servile sudditanza nei confronti della leadership tedesca e del credo austero-liberista.
Per completare il quadro varrà la pena ricordare agli smemorati che un profondo stravolgimento dei principi costituzionali è già avvenuto con l'approvazione quasi unanime - passata sotto silenzio - da parte del passato parlamento dell'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, a cui si è aggiunta l'accettazione del Fiscal Compact.
Con il primo atto si è assunta la politica di austerità come vincolo costituzionale. Come ha detto il primo ministro conservatore britannico Cameron, Keynes è stato messo fuori legge. Con il secondo si è rinunciato alla sovranità democratica sulle decisioni di bilancio pubblico. E infatti la legge di stabilità appena varata dal governo è stata inviata alla Commissione Europea. Attenzione, non al Parlamento europeo eletto ma alla commissione di banchieri e burocrati nominati. Sarà la Commissione ad approvare o correggere il bilancio dello stato italiano, saranno loro a votare. Dopo, il Parlamento italiano potrà solo ratificare le decisioni già prese a Bruxelles, e se per caso si mettesse in testa di mettersi di traverso, allora ci penserà il lord protettore della Repubblica fondata sull'austerità, il presidente Napolitano, a ricondurlo all'obbedienza.

Fino a circa 20 giorni fa, questo articolo si sarebbe concluso con la constatazione che in Italia, a differenza di quanto succede in altri paesi dentro e fuori l'Europa, le stangate ai danni di una popolazione in gran parte impoverita e impaurita producono solo flebili proteste e rassegnazione. Ma forse qualcosa di importante si sta muovendo.
Il 12 ottobre c'è stata la manifestazione “la via maestra” a difesa e per l'applicazione della Costituzione, promossa da Rodotà, Landini e altri. Il 18 c'è stata la riuscitissima giornata di lotta dei sindacati di base contro l'austerità dei vari governi europei di destra, di centro sinistra e delle larghe intese (marchio “made in Italy”). Il giorno dopo c'è stata un'altra giornata di mobilitazione con al centro il diritto alla casa, a cui si sono aggiunte le rivendicazioni degli immigrati, quelle contro le devastazioni ambientali delle grandi opere e degli impianti militari, quelle per il reddito di cittadinanza e contro la precarietà. Tutte manifestazioni che mandano il chiaro messaggio che non si può continuare a subire tutto.
E' troppo sperare che i vari affluenti si riuniscano in un unico grande fiume, in un unico grande movimento unitario che spazzi via finalmente e una volta per tutte il liberismo e i suoi miserabili rappresentanti?

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